Pedofilia, l’orribile “gioco” del segreto
In una società quale quella in cui viviamo che ama definirsi emancipata, la Pedofilia e la violenza sessuale in genere, rimangono ancora un tabù fortissimo da scardinare

Sono molti i dubbi e gli interrogativi che ruotano attorno alla tragica vicenda giudiziaria che ha portato in superficie l’esistenza di uno spaccato di realtà dal quale emerge con forza una sola certezza: la sofferenza dei bambini, vittime di chi, anziché amarli e proteggerli, li strumentalizza al solo scopo del raggiungimento del loro personale piacere, e resi schiavi di quei silenzi da cui genera, e di cui al tempo stesso si nutre, la violenza. In una società quale quella in cui viviamo che ama definirsi emancipata, la Pedofilia e la violenza sessuale in genere, rimangono ancora un tabù fortissimo da scardinare. Se ne parla molto sì, ma soprattutto dopo che episodi come quelli di Caivano vengono alla luce e ci mostrano uno dei lati peggiori del comportamento umano. Molta strada ancora dobbiamo compire come società civile in tema di prevenzione, informazione e consapevolezza di ciò che genera, caratterizza e determina un abuso sessuale.
Colpiscono le parole della piccola amica di Fortuna Loffredo, sorella del piccolo Andrea Giglio. Alla domanda del Pm: «Quando avete visto questa cosa (gettare Fortuna dal balcone, ndr), mamma ti ha detto qualcosa? […] Per esempio “non dirlo a nessuno”, “manteniamo il segreto”, oppure “diciamolo a tutto il Parco Verde”?», la bambina risponde: «Che rimaneva un segreto…». Da queste parole emerge un dato di rilevanza centrale per la comprensione delle dinamiche che caratterizzano i comportamenti di abuso e violenza sessuale su minore: il mantenimento del segreto.
Il patto segreto tra abusante e vittima è essenziale ai fini del mantenimento del comportamento di abuso e di Pedofilia: la piccola vittima si fida del suo abusante e ne subisce il fascino, proprio perché il più delle volte è una persona che conosce molto bene, una persona a lei cara o dalla quale dipende affettivamente, per cui trasgredire il segreto equivale a tradire l’affetto e la fiducia dell’adulto di riferimento, e perciò a sentirsi cattivi e non meritevoli di amore. Dunque, paura, vergogna, senso di colpa hanno un peso determinante. I bambini devono faticosamente tenere dentro di sé la consapevolezza di avere a che fare con emozioni contraddittorie dove amore e odio sono vissuti con la stessa intensità. Il silenzio però spesso non riguarda solo la piccola vittima e il suo carnefice, vi si associa quello degli “spettatori”, spesso i familiari più vicini alla vittima e al carnefice, che sanno ma non possono e non vogliono dire, e quindi ignorano di sapere alimentando e in qualche maniera acconsentendo a che ciò continui ad accadere.
A tal proposito, il caso della piccola Fortuna Loffredo, di Antonio Giglio e delle sue sorelline sono un esempio emblematico purtroppo di ciò che caratterizza il comportamento abusante. Ancora non sappiamo come giuridicamente saranno distribuiti gradi di colpevolezza e condanne, a soggetti che sono a vario titolo, tutti ugualmente coinvolti e responsabili della sofferenza delle piccole vittime che non hanno saputo e forse voluto proteggere.
approfondimento della psicologa forense Francesca De Rinaldis
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