Lidia Macchi, trovato un capello dopo la riesumazione
La riesumazione di Lidia Macchi ha portato all’isolamento di un capello: in laboratorio si cerca di estrarre il DNA
La riesumazione del cadavere di Lidia Macchi, la studentessa di Varese uccisa ormai quasi trent’anni fa, ha portato i primi risultati: secondo indiscrezioni raccolte dal Corriere della Sera i tecnici al lavoro in laboratorio sono riusciti ad isolare un capello e stanno ora tentando di risalire al DNA.
Un lavoro molto difficile, che potrebbe durare diversi mesi, anche fin dopo l’estate. Le analisi sul cadavere sono infatti particolarmente complicate: oltre alle difficoltà di esaminare un corpo sepolto per 29 anni, i tecnici hanno dovuto lottare anche contro le intemperie. A causa di infiltrazioni dovute probabilmente a una bara difettosa o a una zincatura di qualità non ottimale il cadavere di Lidia Macchi è stato rinvenuto sepolto da venti centimetri d’acqua, rendendo la riesumazione e le analisi ancora più difficoltose.
Resta tuttavia da capire la paternità del capello: potrebbe essere di chiunque, anche della stessa Lidia. La speranza degli inquirenti è che l’isolamento della traccia di DNA possa fornire indicazioni utili per incastrare quello che finora è l’unico indagato per la morte della studentessa di Varese: Stefano Binda. Arrestato lo scorso gennaio in seguito alle rivelazione di Patrizia Bianchi, che ha riconosciuto dopo trent’anni la calligrafia di Binda nella lettera anonima giunta ai genitori di Lidia Macchi, Binda si è detto «tranquillo» e ha continuato a dichiararsi estraneo alla vicenda.
Resta nel frattempo la storia di una famiglia che sta vivendo un dramma da troppo tempo, tra lettere anonime (compresa quella della medium e divulgata solo pochi mesi fa dagli inquirenti) ed errori imperdonabili (come la decisione del gip Ottavio D’Agostino che nel 2000 ha predisposto la distruzione dei vetrini contenenti lo sperma dell’assassino). Questa famiglia ha dovuto ora affrontare anche il dolore di una riesumazione che si sarebbe potuta evitare se gli inquirenti avessero fatto meno errori.
articolo di Nicola Guarneri
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