Siamo nel pieno della stagione estiva e, come accade da diversi anni, le polemiche sui divieti di introduzione di cibo e bevande negli stabilimenti balneari non tardano a emergere.
Queste restrizioni, nella maggior parte dei casi considerate illegittime, portano molti gestori a effettuare controlli scrupolosi all’ingresso per impedire ai bagnanti di portare con sé panini, bibite e simili. La questione solleva dubbi sulla legittimità sia dei divieti che delle perquisizioni stesse.
Non esiste un fondamento legale che giustifichi il divieto imposto da alcuni stabilimenti balneari riguardante l’introduzione di cibo e bevande. I gestori non possono negare l’accesso ai clienti paganti o imporre i propri servizi accessori, come la ristorazione. Tuttavia, è possibile limitare il consumo di alimenti in determinate aree per motivazioni valide quali il mantenimento dell’ordine e della pulizia o la salvaguardia del paesaggio. Senza perquisire mai prima di far entrare le persone.
Perquisizioni prima di andare in spiaggia: una pratica controversa
Esistono situazioni specifiche dove il divieto trova una sua legittimazione: per esempio nelle aree dedicate alla ristorazione all’interno dello stabilimento balneare. Qui, i gestori hanno il diritto di vietare l’introduzione di cibi esterni per ragioni igienico-sanitarie. Inoltre, ordinanze comunali o regolamenti locali possono imporre limitazioni al consumo di alimenti in spiaggia per fini collettivi.
La questione delle perquisizioni porta con sé numerosi interrogativi sulla legalità dell’operato dei gestori degli stabilimenti balneari. La legge è chiara: nessuna forma obbligatoria e forzata di controllo può essere effettuata se non dalle forze dell’ordine. Tuttavia, se il bagnante acconsente volontariamente al controllo del proprio zaino o borsa non si configura alcuna violazione.