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Sebastiano Bosio, l’assassino suona sempre due volte

Il lungo iter giudiziario non è ancora finito: cosa succederà nel caso Sebastiano Bosio dopo le dichiarazioni di Massimo Ciancimino?

Certi omicidi non finiscono: fanno dei giri immensi e poi ritornano. È il caso dell’assassinio di Sebastiano Bosio, freddato dalla mafia il 6 novembre 1981 e ancora senza colpevole. O forse il colpevole c’è e il suo nome si conosce già da un po’? Sebastiano Bosio è un medico e chirurgo siciliano, laureatosi in Medicina presso l’Università di Palermo e considerato un luminare. Aggiorna i proprio studi in Francia, dove grazie alla collaborazione con Michael E. DeBakey può specializzarsi in Chirurgia cardiovascolare.

Poi, il ritorno – maledetto – in Sicilia: troppo forte il richiamo della terra natia, troppo grande il senso di responsabilità verso una regione, la sua, impegnata nella lotta alla mafia. Nel 1974 diventa il primario del reparto di Chirurgia vascolare dell’ospedale di Palermo, non prima di aver aiutato in ogni modo i suoi conterranei: negli anni ’60, insieme ad alcuni colleghi, aveva trasformato un vecchio casello ferroviario in una sala operatoria. Il 6 novembre del 1981 due sicari lo raggiungono nel suo studio di via Simone Cuccia: viene colpito da quattro colpi di pistola, una calibro 38 si scoprirà, morendo sul colpo.

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Ancora aperto il caso Sebastiano Bosio – Cronacaedossier.it

Le prime indagini subiscono numerosi depistaggi, alcuni dei quali operati da infiltrati nelle Forze dell’ordine, tanto che all’inizio ci sono dubbi sullo stesso movente dell’omicidio. Si scopre poi che la ragione dell’assassinio sarebbe da ricercare in alcune “frettolose” cure prestate da Sebastiano Bosio ad alcuni boss mafiosi. Risale infatti al 1981 la cosiddetta “seconda guerra di mafia”: Bosio avrebbe avuto un litigio telefonico con Giuseppe Lima (fratello di Salvo), il direttore della struttura, che avrebbe voluto accessi privilegiati per i boss mafiosi.

Le cose cambiano nel 2011 quando Rosalba Patanè non ne può più: vuole giustizia per il marito Sebastiano Bosio. Grazie al procuratore aggiunto Ignazio De Francisci e alla pm Lia Sava il caso viene riaperto. Da un armadio spuntano i proiettili utilizzati la sera di quel lontano 6 novembre dal killer: basta una semplice perizia balistica per stabilire che furono esplosi dalla calibro 38 di Nino Madonia, killer mafioso che utilizzò quell’arma per altri due omicidi nel 1982 e già condannato all’ergastolo. Si apre così il processo che vede tra i testimoni anche Massimo Ciancimino, figlio dell’ex boss mafioso e sindaco di Palermo Vito Ciancimino: «Mio padre mi disse di avere appreso dal suo amico Bernardo Provenzano che a uccidere il chirurgo Sebastiano Bosio nell’81 era stato Nino Madonia, lo stesso che uccise Libero Grassi».

Nonostante le dichiarazioni e l’esame balistico Madonia nel 2013 viene rinviato a giudizio per l’omicidio Sebastiano Bosio: «Ciancimino è un calunniatore, ha detto tante cose false. […] Non ho mai conosciuto né lui né suo padre. Tutto quello che ha detto se lo è inventato. […] Non ho mai conosciuto il Dottor Sebastiano Bosio né sono stato mai visitato da lui». È notizia di questi giorni che la Corte d’Appello d’Assise ha deciso di risentire Massimo Ciancimino per ulteriori novità nel processo Sebastiano Bosio e stabilire una volta per tutte se Madonia è l’esecutore materiale dell’assassinio: una parola, “fine”, che arriverebbe con 35 anni di ritardo.

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