Crisi siriana, Pentagono aggiorna mappa forze militari
Diffusa nuova mappa delle forze nel Mediterraneo e in Medio Oriente: eserciti, navi, sottomarini e aerei che rendono esplosiva la crisi siriana

La crisi siriana diventa di ora in ora un punto nodale delicatissimo per l’intero scacchiere mondiale. Dopo l’attacco ISIS a Parigi, i leader mondiali hanno compreso che non è più tempo di attendere, bensì di agire contro una minaccia crescente al punto da destabilizzare un’area, quella del Medio Oriente, già di per sé scossa da rivoluzioni e guerre. Ecco allora che il Pentagono ha deciso di aggiornare la mappa delle forze in gioco nella crisi siriana, a cominciare dalla potenza militare di cui la stessa Siria dispone, fino ad illustrare il dispiegamento di sottomarini e navi che attraversano il Mediterraneo.
Secondo il Pentagono, la Siria dispone di 650 siti deputati alla contraerea, 1.000 missili terra-aria di provenienza russa, 365 aerei, 2 navi. Ma è tutto intorno che si gioca la crisi siriana. Un ruolo determinante è svolto dalle basi militari statunitensi, così come le basi Nato e le truppe dispiegate in Giordania, dove sono installati “Missili Patriot” e 1.000 F-16. La situazione esplosiva in Iraq e le fortissime e rinnovate tensioni tra israeliani e palestinesi, aggiungono tasselli drammatici ad un mosaico che rischia di scatenare una guerra senza precedenti. D’altra parte, gli stessi attentati a Parigi del 13 novembre potrebbero vedere alcuni tra questi Paesi amari protagonisti.

«Non sarebbe una sorpresa ‒ afferma sulla vicenda la Dott.ssa Nia Guaita, esperta delle dinamiche dell’ISIS e che di recente ha sia pubblicato un importante articolo su Cronaca&Dossier, sia preso parte a notiziari di approfondimento ‒apprendere che [gli attentatori, ndr] abbiano ricevuto una formazione militare in uno dei tanti campi dell’ISIS (Ismael Omar Mostafai, il terrorista francese identificato dalle impronte digitali, si ritiene abbia trascorso diversi mesi in Siria tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014 e i terroristi responsabili dell’attacco a Charlie Hebdo a gennaio, erano stati addestrati in un campo nello Yemen). Se così fosse, allora si avvera quanto temuto e dichiarato a marzo di quest’anno dal direttore dell’Europol, Rob Wainwright, secondo il quale “sarebbero tra i tremila e i cinquemila i foreign fighter ‒ cittadini con passaporti europei che ingrossano le file delle milizie dello Stato islamico ‒ partiti per addestrarsi alla jihad. Si tratta di cittadini europei che potrebbero rappresentare una minaccia per i Paesi occidentali in cui ritornano, addestrati e indottrinati, dopo aver combattuto in Siria e in Iraq”».
Anche in virtù del forte dispiegamento di forze da parte della Russia (basti pensare alla presenza delle sue navi da guerra nel Mediterraneo e i bombardamenti in Siria al fianco di Assad), la vera soluzione della crisi siriana potrebbe pertanto venire solo da un accordo tra gli americani e gli stessi russi. È questo ormai il vero elemento di novità e forse la chiave di volta per la risoluzione della crisi siriana.
Come ha già più volte ricordato la stessa Dott.ssa Nia Guaita, «le nazioni occidentali non possono escludere la Russia dalla lotta contro l’ISIS e, sotto l’autorità delle Nazioni Unite, dovrebbero elaborare strategie comuni. I politici tutti (europei e non solo), dovrebbero smettere di fingere che questo è un problema semplice. La verità è che la situazione in Siria e Iraq è sfuggita di mano agli USA e ai suoi alleati, abbiamo sottovalutato l’ISIS e non lo si è fermato quando ancora si poteva farlo e ora, non siamo assolutamente preparati a questa minaccia, a questo scontro durissimo e irregolare che ci proietta verso una battaglia che sarà lunga e sanguinosa». Intanto il Pentagono aggiorna la mappa delle forze in gioco e c’è da scommettere che la situazione continuerà a mutare in fretta.